A
volte gli amanti ritornano. Ma siamo nel 2019, e lo fanno in un modo del tutto
contemporaneo.
“Se
un giorno busserai alla mia porta” era il titolo di una fiction Rai trasmessa
quand’ero bambino. Non ricordo quasi niente della miniserie, anzi, dello
sceneggiato, come si diceva all’epoca, ma quel titolo lo trovavo così bello che
non l’ho più scordato.
A
distanza di trent’anni, ci siamo così barricati nelle nostre case, che alla
porta non bussa più nessuno della cui visita non siamo stati preventivamente
informati: le letture delle utenze le comunichiamo a distanza, i testimoni di
Geova cercano di attaccare bottone facendo le loro domande bizzarre al citofono,
e sulla soglia del portone condominiale abbiamo apposite cassette comuni per il
materiale pubblicitario, così che chi lo distribuisce non ci infastidisca.
Per
qualche strano motivo, gli unici temerari che riescono ancora a beccarti in
casa senza preavviso sono gli agenti immobiliari. Sì, in linea coi tempi, sono
diventati ambigui anche loro: insistono a darti l’opuscolo delle offerte, anche
se provi senza successo a dirgli che sei fuori dal loro target, e subito dopo
cercano di estorcerti informazioni su possibili case in vendita nel tuo palazzo.
A
volte gli amanti ritornano, dicevamo, ma siamo nel 2019, e anziché bussare alla
tua porta, ti sbloccano su Whatsapp. Chiaramente, per farlo devono averti
precedentemente bloccato, che tu ne te sia accorto oppure no.
Ti
svegli, e tra qualche foto pacchiana di caffè fumanti e rose spampanate che
augurano il buongiorno, trovi un “Ehi ciao come stai?” del tutto imprevisto.
Così,
insieme a te si sveglia di soprassalto il tuo ego, e lo stupore aumenta quando
ti accorgi che il messaggio è stato inviato alcune ore prima, nel cuore della
notte.
Mentre
sei ancora in pigiama e con le cispe agli occhi, il tuo ego, che nel frattempo
si è già lavato e vestito, urla che se qualcuno ti scrive di notte, il vero
messaggio è l’orario.
Fare
i sostenuti è una cosa anni novanta come gli squilli e gli sms.
Non
solo il rancore non è più cosa di cui vantarsi, ma è diventato addirittura
penalizzante: rischi di sembrare una persona irrisolta, bloccata nel passato. Orsù,
rispondi con poche parole gentili: chi sta dall’altro lato del touch screen penserà
che nel frattempo ti sei costruito una vita bellissima e sei in pace col mondo
intero, te stesso compreso.
E
infatti rispondi. Ovviamente dici sbrigativamente di stare bene, come lo
diresti al portiere, al fruttivendolo, mica ti metti ad attaccare pipponi di
prima mattina.
Nel
frattempo, dopo che ti sei sincronizzato col tuo ego, lavandoti, vestendoti e
facendo colazione con lui, la giornata è ufficialmente incominciata e il
ricordo di quel messaggio inaspettato si fa da parte. Il tuo ego invece lo
ripesca appena può, è ansioso di comunicarlo ai tuoi amici più cari e, appena
ti distrai, lui prende il telefono e manda qualche vocale di nascosto:
“Indovina chi mi ha scritto?”.
Più
tardi ti risincronizzi col tuo ego che, come avrai capito, sta sempre più
avanti di te, e ti ricordi anche tu di quel messaggio. Scorri in basso le chat
e, a distanza di ore ed ore, trovi la tua risposta trafitta, in basso a destra,
solo dalla prima, dolorosissima spunta.
Non
ci credi, eppure è così; sei stato di nuovo bloccato. Eri stato sbloccato solo
per poche ore, o per pochi minuti, chi può dirlo? E in fondo, che cosa
cambierebbe saperlo? Forse sei stato sbloccato addirittura per pochi secondi,
quelli necessari a scrivere “Ehi ciao come stai?”.
Dopo
che ti è stato rivolto un saluto, ti è stato negato il diritto ad un’eventuale
replica.
Mentre
aprivi la bocca per darle fiato, ti sei accorto di parlare da solo. Ti è stata
fatta una domanda, ma la risposta, evidentemente, non era importante. Come in
uno scherzo, qualcuno ha bussato alla porta e quando sei andato ad aprire non
c’era nessuno. Con la differenza che, essendo la cosa avvenuta su Whatsapp, sai
a chi apparteneva la mano che ha bussato.
Ti
attraversano mille domande. E va bene, era forse la notte dei morti viventi e
un fantasma del passato ha deciso di contattarti. Sebbene effimero, si è
trattato di un gesto di coraggio,o di vigliaccheria? Tra il primo e la seconda
può passarci un centimetro o un chilometro.
Evidentemente
chi ti ha scritto non stava neppure facendo un’indagine di mercato, una di
quelle per verificare di essere ancora sulla piazza. Ha rinunciato perfino alla soddisfazione di
sapere che avresti risposto, non sa manco se, dopo aver aperto la porta, l’avresti
richiusa sbattendotela alle spalle o l’avresti spalancata facendogli cenno di
accomodarsi. Sei incazzato, sei sereno, fai spallucce? In ogni caso non gliene frega
niente.
Ti
chiedi come sarebbero andate le cose ai tempi del telefono fisso, quando, al
tuo famigliare che stava per rispondere, potevi chiedere di negare la tua
presenza in casa. Sarebbe forse andata diversamente quando gli sms si pagavano,
quando esistevano addirittura i costi di ricarica, e per risparmiare i caratteri
si scriveva così, ContenendoGliSpaziERendendoMaiuscolaLaPrimaLetteraDiOgniParola.
Così
ti viene l’illuminazione dello stratagemma vintage. Ma sì, viva l’amarcord anni
novanta, viva l’espressione del rancore, crepi il copione della persona risolta
e in pace col mondo.
E
proprio mentre rimpiangi l’epoca degli sms, ti viene in mente che puoi mandargliene
uno. Te lo suggerisce il fatto che non si possa bloccare nessuno, impedendogli
di mandarti dei messaggini, e quasi ti rasserena l’illusione che un sms debba
per forza arrivare a destinazione.
Così
chiedi al contatto in questione, visto il suo recente comportamento, di
fornirti notizie fresche sulla sua salute mentale.
Ovviamente
non risponde, ma in compenso impazzisce di riflesso il tuo gestore telefonico,
che non ti vedeva mandare un sms da anni, e ti risponde più volte che il tuo
credito è insufficiente per inviare ulteriori messaggi.
O
forse, più semplicemente, il tuo gestore telefonico ti vuole bene, premia la
fedeltà che nutri per lui da anni, e vuole solo consigliarti di non accanirti a
percorrere quella strada sbagliata, che tanto non ti porterebbe da nessuna
parte.
Gli
sms sono come gli errori, no? Ḕ giusto pagarli, così da dare il giusto peso a
ciò che si presume vogliamo dire.
Ḕ
vero che ci ricorderanno come la generazione che non trovava nessuno e ci
metteva un minuto a lasciarsi? Non lo so. Di sicuro, quello che spesso sembra
un dialogo tra due persone, a ben vedere è soltanto un incrocio tra i monologhi
dei loro rispettivi ego: i poveretti fingono, neanche troppo inconsapevolmente,
di rivolgersi l’uno all’altro pur di non parlare al muro.
Un
po’ come un agente immobiliare che insiste a dare l’opuscolo delle offerte a qualcuno
che non lo vuole e che, dal canto suo, finge di non sapere che nei dintorni ci
sono case in vendita.
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