C’è una stanchezza che viene
da lontano.
Non ha a che fare con
quanto hai dormito o lavorato, con la qualità dei pensieri e dei cibi che hai
ingerito, e neppure con la quantità d’acqua con cui ti sei innaffiato.
Vorresti sapere da dove
viene ma forse parla una lingua diversa dalla tua. Oppure, semplicemente, non ha
voglia di dirtelo. Sarà stufa di questa domanda, glielo chiederanno
continuamente.
Abbassa perfino i suoi
occhi stanchi, quando provi a comunicarle a gesti. Può darsi che voglia solo essere
lasciata in pace.
Le offro il mio divano e
una copertina. E mentre dorme con la bocca spalancata, cerco il suo volto nel
cestino del telefono, tra le foto venute male e cancellate troppo in fretta.
Cerco i suoi lineamenti tra i pensieri bisbigliati e sopraffatti dal rumore di
fondo.
Annuso di nascosto i
vestiti che ha appoggiato sulla sedia, in cerca di un odore che mi sia
familiare.