venerdì 27 ottobre 2017

Siamo nati tutti senza denti



Oggi, mentre facevo fisioterapia, il mio vicino di lettino era un uomo tra i settanta e gli ottant'anni.
Uno di quelli col corpo giustamente segnato dal tempo e la faccia piena di rughe, ma con lo sguardo ancora vivace e curioso.
Mentre si rivestiva mi ha guardato negli occhi e, sorridendo, mi ha detto in dialetto: "Che poi, se sentiamo ancora dolore vuol dire che siamo fortunati". In un attimo si è voltato e si è incamminato zoppicante verso la porta, prima che potessi rispondergli qualcosa.

Pochi minuti dopo ho finito anche io.
Volevo andare a comprare il disco di Colapesce, che è uscito oggi, ma il presentimento del centro afflitto dal traffico e di una probabilmente faticosa ricerca di parcheggio mi ha fatto cambiare idea.
Ho messo in moto e, sulla strada che trasformava la periferia in campagna, col finestrino abbassato e il sole in faccia, ho cantato ad alta voce, più volte, il ritornello della canzone di Colapesce.
Siamo nati tutti senza denti, tutti senza nome, come dei bambino torneremo felici. Mi sento bene con le scarpe nuove, mi sento meglio se mi baci al sole, sul nuovo disco da poter cantare. Mi sento totale.
Non so se qualcuno mi ha sentito. Non credo. Forse quel vecchietto sí.


https://m.youtube.com/watch?v=IGAyzdNiI5U

martedì 3 ottobre 2017

Dubbi? Boh!



Dubbi che, se mi passo la mano tra i capelli, restano tra le dita.
Li lascio cadere a terra, ma mi astengo dal gioire se non li vedo più: so già che faranno un agguato alla mia memoria corta quando li troverò in un angolo, sotto il letto, coalizzati con la polvere in un unico gomitolo, divertiti dal manico della scopa con cui invano speravo di sembrare minaccioso.

Dubbi trattenuti tra i denti sadici del pettine, ostacolati dal filtro del piatto doccia. Li butto nel water, da cui sale una puzza di dubbi che resta nell’aria.

Dubbi che, anche se stanchi e spezzati, mi restano aggrappati in testa. Dubbi nuovi, percettibili solo a un occhio pignolo, che si sporgono dalla fronte per dare un’occhiata timida a cosa c’è oltre il precipizio. 
Dubbi per poco messi in fuga dal rasoio, pronti a tornare, ripetendo instancabilmente i propri passi, sulla nuca e dietro le orecchie. Dubbi  sedati da uno shampoo  chimico, scaldati dal phon, la cui consistenza, talvolta, sembra quasi rassicurante al tatto.
Vivo sempre insieme ai miei “boh!”.