Giuni
Russo avrebbe compiuto settant’anni oggi.
Ci
ha lasciati poco più che cinquantenne per via di un male incurabile ed è un
peccato che, a distanza di quasi vent’anni da quella sua partenza prematura, ancora
oggi nella memoria di molti sia “solo” l’interprete di “Un’estate al mare”.
Sia
chiaro che, se anche così fosse, non ci sarebbe certo nulla di male.
“Un’estate
al mare” è una canzone pop pressoché perfetta, scritta da Giusto Pio e Franco
Battiato che, nella versione in studio, eseguì una seconda voce sul canto.
Fu
un grande successo dell’estate dell’82 e diede modo alla cantante siciliana di
esprimere la sua enorme estensione vocale, spaziando dalle note basse fino a
quelle disumane in cui imitava il verso dei gabbiani.
Paloma
San Basilio ne incise anche una versione in spagnolo (“Unas vacaciones”), la
stessa che Giuni aveva rifiutato perché il testo era stato completamente
stravolto.
A
proposito del testo, quanti di noi, pur avendolo canticchiato, ne hanno colto
il suo reale significato? La voce narrante è una prostituta che racconta la sua
faticosa quotidianità e si proietta con la fantasia nel sogno borghese delle vacanze
al mare. Ascoltare (con attenzione) per credere! Non a caso si vocifera che, nella
versione originale del testo, la prima strofa recitasse “Per le strade
mercenarie del sesso che procurano fantastiche EREZIONI” poi corretto in “ILLUSIONI”.
Insomma,
dietro un brano pop spesso c’è molto più di quanto siamo capaci di percepire.
Relegata
nella gabbia di quel successo estivo sia dai suoi discografici che dalla
memoria del pubblico, Giuni Russo è stata però molto di più: non solo ha inciso
i migliori dischi pop italiani degli anni Ottanta (pieni di harmonizer, suoni
elettronici e testi insoliti) ma è stata un’artista sperimentale e d’avanguardia
che ha mischiato tra loro generi musicali apparentemente inaccostabili.
Nell’album
“A casa di Ida Rubinstein” (1988) ha omaggiato Verdi,
Donizetti e Bellini interpretando le loro arie da camera arrangiate con suoni
moderni, contaminando la classica col pop e il jazz, e nella fase matura della
sua carriera ha avuto una profonda svolta mistica, diventando devota a Santa
Teresa D’Avila e adattando in musica alcuni testi di San Giovanni della Croce
(le meravigliose “La sposa” e “La sua figura”, scartata in extremis da Sanremo
nel ‘94).
Dopo
esser stata ingiustamente emarginata dai mass media (complice la guerra che le mosse
la sua ex discografica Caterina Caselli), per avere l’opportunità di tornare
davanti al grande pubblico è stato necessario lo zampino di Pippo Baudo, che l’ha
fortemente voluta in gara al Festival di Sanremo del 2003 con “Morirò d’amore”,
brano più volte bocciato dalle selezioni delle edizioni precedenti. Sul palco
dell’Ariston la cantante, già malata, si presentò col cranio visibilmente reso
calvo dalla chemioterapia ma abbellito da originali disegni.
In
occasione di questo settantesimo compleanno mancato, nei prossimi giorni verrà
pubblicata una riedizione di “A casa di Ida Rubinstein”: un cofanetto
contenente, oltre all’album nella sua versione originale , una nuova registrazione
(con interventi di Battiato e dei jazzisti Paolo Fresu e Uri Caine) e un dvd
live.
Siamo
ancora in tempo per rivedere e ampliare il ricordo che abbiamo di questa voce
unica che non si limitava a compiacersi della propria bellezza. Siamo ancora in
tempo per darci una seconda possibilità, comprendere oggi ciò che all’epoca ci
è risultato ostico e ammettere che tale errore di valutazione è avvenuto perché
Giuni Russo, come molti grandi artisti, ha saputo giocare in anticipo sui tempi.