martedì 7 settembre 2021

Giuni, in anticipo sui tempi.



Giuni Russo avrebbe compiuto settant’anni oggi.

Ci ha lasciati poco più che cinquantenne per via di un male incurabile ed è un peccato che, a distanza di quasi vent’anni da quella sua partenza prematura, ancora oggi nella memoria di molti sia “solo” l’interprete di “Un’estate al mare”.

 

Sia chiaro che, se anche così fosse, non ci sarebbe certo nulla di male.

“Un’estate al mare” è una canzone pop pressoché perfetta, scritta da Giusto Pio e Franco Battiato che, nella versione in studio, eseguì una seconda voce sul canto.

Fu un grande successo dell’estate dell’82 e diede modo alla cantante siciliana di esprimere la sua enorme estensione vocale, spaziando dalle note basse fino a quelle disumane in cui imitava il verso dei gabbiani.

Paloma San Basilio ne incise anche una versione in spagnolo (“Unas vacaciones”), la stessa che Giuni aveva rifiutato perché il testo era stato completamente stravolto.

A proposito del testo, quanti di noi, pur avendolo canticchiato, ne hanno colto il suo reale significato? La voce narrante è una prostituta che racconta la sua faticosa quotidianità e si proietta con la fantasia nel sogno borghese delle vacanze al mare. Ascoltare (con attenzione) per credere! Non a caso si vocifera che, nella versione originale del testo, la prima strofa recitasse “Per le strade mercenarie del sesso che procurano fantastiche EREZIONI” poi corretto in “ILLUSIONI”.

Insomma, dietro un brano pop spesso c’è molto più di quanto siamo capaci di percepire.

 

Relegata nella gabbia di quel successo estivo sia dai suoi discografici che dalla memoria del pubblico, Giuni Russo è stata però molto di più: non solo ha inciso i migliori dischi pop italiani degli anni Ottanta (pieni di harmonizer, suoni elettronici e testi insoliti) ma è stata un’artista sperimentale e d’avanguardia che ha mischiato tra loro generi musicali apparentemente inaccostabili.

 

Nell’album “A casa di Ida Rubinstein” (1988) ha omaggiato Verdi, Donizetti e Bellini interpretando le loro arie da camera arrangiate con suoni moderni, contaminando la classica col pop e il jazz, e nella fase matura della sua carriera ha avuto una profonda svolta mistica, diventando devota a Santa Teresa D’Avila e adattando in musica alcuni testi di San Giovanni della Croce (le meravigliose “La sposa” e “La sua figura”, scartata in extremis da Sanremo nel ‘94).

 

Dopo esser stata ingiustamente emarginata dai mass media (complice la guerra che le mosse la sua ex discografica Caterina Caselli), per avere l’opportunità di tornare davanti al grande pubblico è stato necessario lo zampino di Pippo Baudo, che l’ha fortemente voluta in gara al Festival di Sanremo del 2003 con “Morirò d’amore”, brano più volte bocciato dalle selezioni delle edizioni precedenti. Sul palco dell’Ariston la cantante, già malata, si presentò col cranio visibilmente reso calvo dalla chemioterapia ma abbellito da originali disegni.

 

In occasione di questo settantesimo compleanno mancato, nei prossimi giorni verrà pubblicata una riedizione di “A casa di Ida Rubinstein”: un cofanetto contenente, oltre all’album nella sua versione originale , una nuova registrazione (con interventi di Battiato e dei jazzisti Paolo Fresu e Uri Caine) e un dvd live.

 

Siamo ancora in tempo per rivedere e ampliare il ricordo che abbiamo di questa voce unica che non si limitava a compiacersi della propria bellezza. Siamo ancora in tempo per darci una seconda possibilità, comprendere oggi ciò che all’epoca ci è risultato ostico e ammettere che tale errore di valutazione è avvenuto perché Giuni Russo, come molti grandi artisti, ha saputo giocare in anticipo sui tempi.

 

https://www.youtube.com/watch?v=AARiAlSia5c