mercoledì 18 agosto 2021

Lalli

 


Compie oggi 65 anni un tesoro nascosto della musica italiana: Marinella Ollino, in arte Lalli che, prima di rivelarsi un’ottima cantautrice, è stata la voce dei torinesi Franti.



Se a molti, ripensando alla cosiddetta scena alternativa italiana degli anni Ottanta, vengono immediatamente in mente i nomi dei Cccp e dei Diaframma di Federico Fiumani, non tutti forse si ricordano dei Franti.

Punk più nell’attitudine che nel loro stile musicale, che invece era eclettico e difficilmente classificabile, i Franti prendevano il nome da un personaggio “cattivo” del libro “Cuore” di Edomondo De Amicis e, del movimento di cui facevano parte, sono stati i più radicali nel rifiutare le regole del mercato: veri e propri pionieri del no-copyright, non erano iscritti alla Siae e hanno avuto una distribuzione ai limiti della clandestinità.

Dopo lo scioglimento della band, le due anime del gruppo, Lalli e il sassofonista/chitarrista Stefano Giaccone, daranno vita a numerosi progetti (Environs, Orsi Lucille, Howth Castle e altri ancora), ma bisognerà aspettare un bel po’ di tempo per scoprire che Lalli, oltre ad avere una voce molto speciale, è anche una notevole autrice.



Siamo alla fine degli anni novanta quando, secondo un aneddoto raccontato dalla cantante stessa in un’intervista, suo padre, che era molto legato a “Bella ciao”, le appare in sogno e le chiede affettuosamente “Canta la mia canzone”: lei al risveglio scrive “Brigata partigiana Alphaville” che finirà in “Tempo di vento”, il suo acclamato esordio solista.

Il disco, che contiene anche un adattamento in italiano di “Famous blue raincot” di Leonard Cohen, viene pubblicato nel 1998 da “Il Manifesto” e, complice anche un prezzo politico e la distribuzione nelle edicole, vende diecimila copie e ottiene diversi riconoscimenti.

Dopo verrà “Testa storta”, scritta insieme a Pietro Salizzoni per la colonna sonora di “Preferisco il rumore del mare” di Mimmo Calopresti, che finirà nel successivo album “All’improvviso, nella mia stanza”.

Ci saranno pochissimi altri album, ma tutti di spessore, due applaudite prove come attrice cinematografica (“Nemmeno il destino” di Daniele Gaglianone e “Senza fine” di Roberto Cuzzillo) e una raccolte di poesie pubblicata nel 2017.

Il suo ultimo disco, firmato a quattro mani col contrabbassista Stefano Risso, risale a cinque anni fa e la sua ultima apparizione dal vivo è stata ad un concerto evento dei Franti, riuniti nella formazione originale, nel 2019.

Lalli non è su nessun social, non ha un canale YouTube, perfino la sua pagina su Wikipedia non è del tutto aggiornata, tanto che per avere sue notizie recenti bisogna imbattersi in un lavoro certosino di ricerca in rete, che spesso porta a risultati frustranti.



Lalli rappresenta di sicuro un modo originale di presenziare nel mondo artistico: ha avuto una carriera frammentaria, sensibile a lunghissime pause, in parte dovute anche a problemi di salute, tanto che, per chi la ama, è difficile non rimproverarle di essere più presente, non sperare in un suo ritorno.

In cambio di questa scelta del tutto personale ci ha offerto però la sua voce particolarissima, a tratti quasi inquietante, capace tanto di accarezzarci quanto di toccarci proprio in quel punto lì, dove ci fa male e dove ogni tanto occorre rivolgere lo sguardo.

Ha usato questa sua voce per raccontarci delle storie forse non sempre immediate, ma di una bellezza avvolgente e malinconica. E di questo non possiamo fare altro che esserle grati.

 

https://www.youtube.com/watch?v=C9sqnYyuepI


sabato 7 agosto 2021

"Amore disperato", tormentone dell'estate 1983


Nell’estate del 1983 le radio e i jukeboxe trasmettono “Vamos a la playa” dei Righeira, “I like Chopin” dei Gazebo, “Nell’aria” di Marcella Bella e “Do you really want to hurt me” dei Culture Club: tutte canzone destinate in futuro a rappresentare gli anni 80.

Ma, in quell’agosto in cui Bettino Craxi diventa Presidente del Consiglio, la canzone che mette tutti d’accordo è “Amore disperato” di Nada, una hit che di quegli anni diventerà emblema tanto quanto i capelli cotonati e le cinture del Charro.


Nada, eclettica e camaleontica, nell’83, ad appena trent’anni, si è già lasciata alle spalle un paio di vite artistiche: è stata infatti una diva bambina della canzone melodica italiana, debuttando quindicenne a Sanremo con “Ma che freddo fa”, ma anche una musa dei cantautori impegnati, come Paolo Conte e Piero Ciampi, col quale ha realizzato “Ho scoperto che esisto anch’io”, un album scioccante e d’avanguardia, ancora oggi attualissimo.


Agli inizi degli anni 80 la cantante toscana sterza all’improvviso verso il pop più leggero: nell’81 con “Dimmi che mi ami, che mi ami, che tu ami, che tu ami solo me” e l’anno dopo con “Ti stringerò”, brano che alcuni suoi discografici definiscono, esagerando, “porno”.


Ma come nasce la perfezione pop di “Amore disperato”?
Qualche tempo prima, l’aiuto regista di Giulio Bosetti, col quale Nada è a teatro nei panni di Anna Frank, le ha consegnato una cassetta col brano scritto da un suo amico, una lunghissima canzone solo voce e sitar. Di certo non è quello che Nada sta cercando ma, restandone affascinata, chiama il numero scritto a penna sulla cassetta e fissa un appuntamento col suo autore.


E’ così che Varo Venturi si presenta a casa sua per farle sentire degli inediti. Tra questi, ce n’è uno articolato su un giro armonico, che inizia con un vocalizzo un po’ buffo, una sorte di hook ante litteram.
Parla di disagi familiari, di una madre sepolta in casa e di un padre vittima di debiti e cambiali. Non ha convinto nessuno dei discografici che finora l’hanno ascoltata ma Nada, pur storcendo il naso davanti al testo, ne adora la musica e propone al giovanissimo autore di cambiare le liriche, riscrivendole insieme.
Prende forma così la canzone che tutti conosciamo: ci sono due tizi che ballano tra le stelle accese ma non ci sono cellulari, nè social, nè app di incontri: l’amore estivo diventa così un ritorno nel luogo del primo incontro, un’attesa straziante, un telefono (fisso) che tace e poi una notte squilla finalmente come un gallo. E’ insomma una sorta di inno all’incontro fortuito, quello che fa cambiare direzione a una serata in cui ti annoi mortalmente. Una celebrazione del colpo di fulmine estivo, che dura una stagione come le cicale e proprio per questo resta impresso nei ricordi.
Il nuovo testo della canzone è quasi pronto, manca solo un nome da dare alla discoteca in cui è ambientata. Carlotta, la figlia che Nada ha avuto dal compagno di una vita (Gerri Manzoli, ex bassista dei Camaleonti), si aggira intorno alla scrivania dove la madre e Venturi stanno lavorando reggendo in mano un piccolo sassofono giocattolo, di colore blu. A Nada, che si sta spremendo le meningi, cade l’occhio sull’oggetto e pone fine al rompicapo: il locale si chiamerà “Sassofono blu” e la canzone “Amore disperato”.


La cantante toscana è dunque coautrice del brano? Sì, ma non per la Siae.
Una delle sue precedenti case discografiche, per sciogliere il contratto capestro da cui lei voleva liberarsi, le aveva chiesto un risarcimento danni di cento milioni di lire, cifra che Nada non possiede, oppure la cessione di tutte le sue future entrate come autrice, fino al raggiungimento della somma richiesta. La signora Malanima accetta, ma si vendica depositando le sue composizioni a nome del marito che, di fatto, di “Amore disperato” risulta legalmente autore accanto a Varo Venturi.


La canzone, arrangiata con uno stile elettropop tipicamente anni 80 e arricchita con un assolo del sassofono citato nel testo, sarà un successo da oltre trecentomila copie vendute e farà ottenere alla sua autrice diversi riconoscimenti a manifestazioni come “Festivalbar”, “Azzurro” e “Vota la voce”.
Negli anni se la prenderanno in prestito altri artisti, che ne faranno una propria versione. Oltre che sulle piste da ballo delle serate a tema, finirà nella colonna sonora di diversi film, e verrà scelta anche da Gucci per la sua campagna mondiale.



Nell’87, dopo una partecipazione a Sanremo in cui il suo pezzo “Bolero” non verrà purtroppo capito, Nada si ritirerà momentaneamente in un silenzio artistico per prepararsi all’ennesima metamorfosi, quella definitiva.
A partire dal 1992 può finalmente firmare le sue canzoni e torna sulle scene nelle vesti di cantautrice rock, col suo inconfondibile timbro rauco e graffiato, sporcato dal fedele sigaro.
Sfornerà una serie di album autografi spigolosi e coraggiosi che le procureranno, oltre all’approvazione della critica, un nuovo pubblico, fatto di giovani appassionati di rock indipendente che quasi non sanno nulla del suo passato.
Tornerà inoltre a teatro con spettacoli scritti da lei e pubblicherà dei romanzi, di cui alcuni biografici (come “Il mio cuore umano” recentemente diventato un biopic per la tv, “La bambina che non voleva cantare”). Diventerà, senza volerlo, un punto di riferimento femminile per la scena alternativa e collaborerà con le migliori penne di quest’ultima: Massimo Zamboni dei Cccp, John Parish, Zen Circus e Motta.

Ecco il link per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=hMM140FbWh0