domenica 13 giugno 2021

Il cucciolo


Ultimo giorno di scuola.
Dal balcone della biblioteca si intravede un giardino antico, ma se vuoi affacciarti per vederlo meglio non puoi: le mattonelle del terrazzo sono indelebilmente marchiate di bianco dalle feci di una mamma gabbiana che si aggira lì intorno aggressiva.
Per svolgere il progetto che negli ultimi mesi mi ha portato qui, ho avuto la fortuna di essere ospitato in questo posto molto bello, dove si annusa un passato misterioso.
Come d’abitudine, mi siedo rivolgendo le spalle sia al balcone che a mamma gabbiana.
Non ha un carattere facile, lei. Se oltrepassi la soglia ti si avvicina appunto minacciosa, ma se le giri la faccia, ignorandola, ti ricorda della sua presenza, eccome.

Così anche oggi rompe il silenzio col suo garrito improvviso, facendomi sussultare e provocando, di conseguenza, le risate dei ragazzi con cui sto lavorando.
Stamattina ce ne sono solo due su quattro: di uno ho perso le tracce da un po’ e l’altro è assente.
L’altro è il mio preferito, perché un preferito ce l’abbiamo sempre, anche quando riusciamo a nasconderlo dietro un insospettabile atteggiamento imparziale.
E’ quello che pur avendo un grande intuito, e una meravigliosa intelligenza grezza, non raffinata, ha scarsa fiducia in sè e nei propri mezzi.
Quando la mascherina gli scivola sul mento, e devo fargli segno di tirarsela sù, sopra il labbro superiore mostra un filo di peluria che ancora non ha conosciuto il rasoio, e che è forse già pronta a farsi più ispida, a tramutarsi in filo spinato per proteggere le parole che sceglierà di tenersi dentro.
Spesso, negli incontri passati, se lo guardavo negli occhi, mi suonava in testa “Il ragazzo” di De Gregori. Il suo sguardo mi ricorda quello che avevo io alla sua età, quel tipo di sguardo che non capisci dove finisce la rabbia e dove comincia la paura.
Ieri gli ho scritto, se domani vieni a scuola ripetiamo per l’esame, e lui per la prima volta ha visualizzato senza rispondere.
A volte la vita decide di fare così, di portarci a sperdere, di farci imboccare vichi e vicarielli, finché non ci costringe a un gioco di ruoli e ci mette dall’altra parte, a insegnare ciò che abbiamo più bisogno di imparare. Non so, forse vuole solo vedere a che punto del cammino ci troviamo.

Faccio l’in bocca al lupo ai ragazzi, mi alzo per riaccompagnarli in classe e, mentre raccolgo le mie cose, vedo sul terrazzo il cucciolo di gabbiano che zoppica incerto.
La sua mamma, che si solito garrisce arrabbiata perché ha paura, ora è calma, tace.
E’ molto cresciuto dalla prima volta che l’ho visto, qualche mese fa. Adesso ha le piume di un marrone rossiccio. Presto ne avrà di un colore diverso, più simili a quelle al suo piumaggio adulto.