Gli
inevitabili bilanci (propri) di Natale, le domande (ovviamente altrui) su
quando troverai una moglie, un marito, un lavoro serio, quando farai il secondo
figlio o il concorso per entrare nella pubblica istruzione e/o amministrazione.
Più
forte di tutto questo ci può essere solo il messaggio di auguri di qualcuno che
ti ha amato, che hai amato e che il tempo, troppo lentamente o troppo
velocemente, ha avvolto nel silenzio.
Arriva
tardi, quando gli avanzi sono stati conservati nei tupperware, coperti dalla
carta stagnola e ibernati nel frigorifero. Arriva che è ora di cena e tu non
c’hai fame, ci mancherebbe, eppure c’è un angolino misterioso che non è stato
raggiunto dal cibo e dalla sensazione di sazietà.
Sgrani
gli occhi sullo smartphone, perché oltre al danno, è in arrivo la beffa.
Non
puoi fare spallucce e simulare strafottenza, come vorresti, perché purtroppo
non è manco una catena, una frase di Osho, di Gio Evan, una gif, non c’è manco
un Babbo Natale glitterato o tamarro.
C’è
il tuo nome, per esteso, senza diminutivi.
Chissà
se arriva tardi perché, dopo ventiquattro ore di di nomi che sbucano e saltano
dalla rubrica, a un certo punto, per sfinimento, è zompato fuori anche il tuo.
Chissà
se invece quel messaggio sognava di essere una risposta al tuo, che non hai mai
scritto.
Qualcuno
dice che nel nonsense il senso c’è sempre, eccome. Boh.
Menomale
che oggi è Santo Stefano, non è il tuo onomastico e non c’è rischio di ricevere
auguri.
Gli
avanzi, scaldati, son più buoni di ieri, perché dopo una notte in frigo pare si
siano ulteriormente insaporiti.
Illustrazione di Alessandra De Cristofaro
Nessun commento:
Posta un commento