lunedì 23 marzo 2020

Lasciarsi ispirare da un'emoticon



Ḗ possibile allenarsi a guardare l’altro concentrandosi su quello che c’è e non su quello che manca. Difficile, ma non impossibile. Alcuni esaltano questa possibilità come un pregio, se la rivendono come un merito. In realtà è solo un allenamento che, come molte altre pratiche, se esercitato con la dovuta costanza, non tarda a premiarti con dei risultati.

Facilita ad esempio la nascita di vincoli affettivi germogliati in contesti ostili e in barba a prerequisiti del tutto scoraggianti.
C’è sola una piccola controindicazione: quando ti stanchi di vedere il bicchiere mezzo pieno e metti l’altro sull’uscio, perchè fermo sulla soglia ti fa solo ombra, può diventare difficile dargli il calcio definitivo nel sedere, quello utile a spazzarlo fuori dal tuo campo visivo.
Succede perché hai interiorizzato l’allenamento allo sguardo positivo e questo presunto pregio, ormai abusato, ti si ritorce contro tramutandosi nel suo opposto, cioè in un difetto.
E allora bisogna ripescare l’antico consiglio dei nonni, quello che invitava a pensare alla salute. Avere l’intelligenza di fare per una volta quello che non fai mai: capovolgere completamente la prospettiva, concentrando l’analisi sull’altra parte, quella volontariamente trascurata. Sparare il faro sulle cose che in precedenza tu stesso hai spinto negli angoli, zumare sul bicchiere mezzo vuoto, su ciò che non c’è e di cui, ammettilo, senti la mancanza.
In casi estremi, imparare dalla semplicità brutale di un’emoticon può diventare l’uscita d’emergenza verso la salvezza. Ispirarsi ad un’emoticon serve a capire che è facile, basta veramente poco, anche fuori dallo schermo del telefono.
Al polso infatti è sufficiente eseguire una mezza pirouette per trasformare un pollice all’insù in un pollice verso.

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