Può darsi
che te ne volessi stare per i fatti tuoi, punto e basta. Eppure ho la
sensazione che fossi qui, quasi in posa, ad aspettare me. A incoraggiare questa
ipotesi ci ha pensato il fatto che, dietro quella tua corteccia un po’ snob,
sembravi quasi compiaciuto quando, poco fa, ti ho rivolto l’obiettivo del
telefono.
D’altronde
deve esserci un motivo se, al contrario degli altri randagi, non sei scappato
immediatamente al solo rumore dei miei passi.
Mi ricordi
certi esseri umani che conosco: a volte si vanno a nascondere per
vedere se qualcuno, accorgendosi della loro assenza, li va a cercare. Sai da
dove si capisce che questo è l’unico motivo per cui si sono nascosti? Perché
non si sono nascosti veramente. Se uno non vuole essere importunato ci riesce:
si nasconde per bene, in un posto dove nessuno lo può trovare, no?
Loro invece,
un po’ come hai fatto tu, si nascondono a metà: danno un aiutino a chi li
cerca, ricompensandolo quasi subito per essersi accorto della loro assenza.
Tu mi hai
accolto con benevolenza, ma di strada me ne hai fatta fare un po’, prima di farti
trovare in questo giardino nel cuore della città, sconosciuto ai più. Ho dovuto
chiedere indicazioni, attraversare un
vicolo cieco e così stretto che mi sembrava di violare il domicilio di
qualcuno. C’erano dei ragazzi credo pachistani in pausa pranzo, e degli operai
usciti dalle loro officine a pianoterra a guardarmi con aria interrogativa, probabilmente perché non sono del quartiere.
Ho sorriso come un turista un po’ ebete, e per tale mi avranno preso. Il mio
preferito è stato un signore anziano che era l’espressione della beatitudine:
stava steso al sole, su una sdraio, in pantaloncini, manco il calendario stesse
ad agosto e lui su una scogliera invece che sul marciapiede.
In questo momento vorrei stare al posto tuo, sotto un cespuglio di margherite. Ma no, non se ne parla, il posto è tuo. Avessi una macchina fotografica figa, la luce giusta e tante altre cose, la foto che ti ho fatto non avrebbe niente da invidiare a quelle che finiscono sui calendari dedicati ai gatti.
Che voglio
da te? Niente, tranquillo. Poiché ero un po’ stordito dal sole improvviso di
questa giornata di marzo, sono venuto qui, nel giardino quasi segreto, a
cercare un po’ d’ombra. Sai, noi umani possiamo avere reazioni diverse allo
stesso imput. Guarda me e guarda il signore in pantaloncini qui fuori.
Ma io te
siamo entrambi di pelo chiaro: forte di questo dato che ci accomuna, confido
nella tua empatia.
Sono uno di
quelli che qualcuno chiama “pazzi”, magari solo perché si mettono a parlare con
gli appartenenti alla tua specie? Ma no figurati, è la prima volta che parlo
con uno come te. Certo, ogni lungo viaggio comincia con un primo passo, non si
sa mai. Non li amo neppure particolarmente, i gatti.
Il nostro è stato un incontro
del tutto casuale. Ciao.
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